Nella pratica del capire: in ascolto di Espérance Hakuzwimana

Nella pratica del capire: in ascolto di Espérance Hakuzwimana

Mille mondi al lavoro
Noemi  Cucinotta

Noemi Cucinotta

30 ottobre 2023

Nella pratica del capire: in ascolto di Espérance Hakuzwimana

Di / Noemi Cucinotta

Dal 14 al 17 settembre lo Spazio Polaresco ha ospitato l’evento conclusivo di Imagine Bergamo 2023. Durante l’ultima giornata di esposizione dei progetti presentati in questa seconda edizione si è tenuto il panel “Pace oltre le frontiere. Il potere dell'incontro tra culture” e abbiamo avuto il piacere di dialogare con Espérance Hakuzwimana, scrittrice e attivista culturale (intervistata nel corso della serata anche da Radio Brusa, come potete ascoltare qui).


Nata in Ruanda nel 1991, Espérance è arrivata in Italia all’età di 4 anni ed è cresciuta in provincia di Brescia. Ha frequentato studi internazionali a Trento, per poi interrompere il percorso e iscriversi alla Holden, la famosa scuola di scrittura a Torino, scegliendo di dar spazio al suo sogno di scrivere per professione.

Nel 2019 ha pubblicato con People il memoir E poi basta. Manifesto di una donna nera e nello stesso anno è stata tra le autrici dell’antologia di Effequ Future. Il domani narrato dalle voci di oggi, curata da Igiaba Scego. Nel 2022 è uscito il suo primo romanzo per Einaudi, Tutta intera, seguito pochi mesi fa da La banda del pianerottolo, romanzo edito da Mondadori per ragazze e ragazzi (o “miniumani”, come dice lei) in collaborazione con l’illustratrice Silvia Venturi.


Insieme alla scrittura per la sua esperienza di persona afrodiscendente –come ha deciso di definirsi– ha intrapreso la strada dell’attivismo. Su Instagram, conosciuta come @unavitadistendhal, racconta cosa significa vivere nell’Italia di oggi e condivide riflessioni sull’attualità che si intrecciano spesso a temi legati all’identità, al razzismo e all’adozione internazionale, dimostrando poi un’estrema capacità di coinvolgere chi la legge (ormai una vera e propria community rinominata “Banda”, da cui il titolo dell’ultimo scritto). Crea fascinazione attorno al mondo dell’editoria e non perde occasione per parlare di libri e offrire consigli di lettura. Ci racconta che una delle cose che sta amando di più negli ultimi mesi è tenere laboratori nelle scuole, dove ha la possibilità di incontrare fasce d’età con cui finora non aveva avuto modo di interagire e che la emozionano e sorprendono di continuo.

Quando spiega com’è iniziata l’esigenza di dare voce alla sua storia e a quella della comunità afrodiscendente in Italia, che fosse in piazza, durante un presidio o sui social, ci ricorda semplicemente una data: il 3 febbraio del 2018. Quel sabato rimarrà nella storia del nostro Paese come il giorno dell’attentato di Macerata, quando Luca Traini, uscito di casa armato, sparò a delle persone solo perché nere. Come convivere con evento simile? Come problematizzarlo? Come far emergere che c’è chi queste domande se la pone? La scrittura diviene quindi per lei non solo intrattenimento, ma anche un mettere nero su bianco lo sfogo, l’arma e lo scudo insieme, lo strumento che permette di entrare nelle vite di persone e di instillare nelle loro menti domande che mai si sarebbero fatte. Tutto ciò viene racchiuso in E poi basta.
Nel suo primo romanzo invece troviamo il disagio espresso dalle scuole, dalla periferia, dalle seconde generazioni. Si evidenzia l’insegnamento permeato dalla cultura bianca occidentale e la consapevolezza, per una persona afrodiscendente adottata, di non avere lo stesso potere di chi l'ha cresciuta. E da qui l'andare in pezzi e il tentativo di tornare persone intere, rispetto a una quotidianità che continua a mettere di fronte a realtà che non si potranno mai risolvere.

Oggi Espérance ammette di sentirsi rassegnata e anche un po’ assuefatta a ciò che accade, ma proprio per questo è importante avere occasioni di confronto e di impegnarsi per riappropriarsi dei luoghi. Fondamentale è riconoscere l’innegabile significazione dei corpi e lo sguardo loro imposto.

Rendersi conto di quanto l’editoria non sia ancora pronta ad autrici e autori afrodiscendenti. Della relazione tra lavoro, tutela psicologica e sostenibilità economica. Della necessità di trovare le parole che non abbiamo e di usare meglio quelle che già conosciamo, di sperimentare. Del potere intrinseco di un cognome. Del significato vero di ascolto, contaminazione, accoglienza, interazione. Dell’eccezionalità del confronto, soprattutto sulle proprie vulnerabilità. E centrale è anche il monito a non riversare aspettative e responsabilità sulle nuove generazioni, come se queste avessero la chiave. Espérance ci mostra quanto serva mettere le questioni sul tavolo per renderle reali, per affrontarle. La difficoltà che stiamo vivendo è collettiva e solo collettivamente si rende possibile una trasformazione. Progettando insieme, sul territorio, rimanendo aperti alla conversazione. Già questo alimenta la speranza. E se speriamo qualcosa, quel qualcosa è già dentro di noi.

Ci teniamo a ricondividere alcune sue parole pubblicate il 9 ottobre di riflesso alla frenesia mediatica che ha visto ancora una volta la comunicazione di eventi drammatici inquinata da visioni eurocentriche, islamofobe, razziste e occidentali.

Questo per me è cambiare il mondo: smettere di prendere spazi e renderci conto che non tutto va come ci aspettiamo –nel bene e nel male–, ricordando tipo mantra che non siamo noi i protagonisti di questa Storia che continua a sconvolgerci per la durata di 15 minuti. E loro, i protagonisti, sono anni che ce lo dicono, ce lo raccontano, ce lo spiegano.
Non è tremendamente bello liberarsi dal peso di prevaricazione? Non è meravigliosa la possibilità di non stare al centro dell’attenzione in modo ridicolo e fuori contesto? Non è più facile imparare? Stare nell’errore e poi scoprire altre strade? Capire ma capire davvero? Di essere stati influenzati, di essere stati frettolosi, superficiali, troppo distanti o troppo vicini?
Diamoci il permesso di andare oltre le fazioni, i cori da stadio e stiamo nel processo, nella pratica del capire. Che possibilità assoluta la fatica che si farà.

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