Un Angolo di mondo
Mille mondi a scuolaAnna Marinoni
22 aprile 2024
Un Angolo di Mondo
Di / Anna Marinoni
Anna di ritorno da un’esperienza Erasmus di sei mesi a Tolosa, ci parla di un’università crocevia di incontri da tutto il mondo, di stereotipi sull’italiano all’estero, di riforme francesi sull’immigrazione e in definitiva di come – dai vari angoli di mondo – cambiano i nostri sguardi.
Era il 15 settembre scorso quando cercavo di incastrare le ultime cose nelle due grosse valigie che, insieme a uno stracolmo zaino da montagna e a un altro zainetto più piccolo, mi avrebbero di lì a poche ore accompagnata alla partenza. Destinazione: Tolosa, Toulouse per i francesi, una città lontana quasi 700 chilometri da Bergamo. La città dove, per la prima volta, avrei vissuto per qualche mese da sola e in un Paese diverso dal mio. Un’opportunità che dal 1987 ad oggi sempre più studenti e studentesse di tutta Europa hanno grazie alle borse di studio Erasmus, che offrono un sostegno economico proporzionale al reddito e al costo della vita del Paese di destinazione del soggiorno di studio.
Riguardando a questi mesi trascorsi oltralpe, che ormai sembrano già quasi appartenere al passato di una vita precedente, potrei raccontarvi tante cose.
Potrei parlarvi dell’imbarazzo delle prime settimane, quando non capivo cosa mi stesse dicendo la cassiera del Carrefour o quando il commesso della panetteria “Les Frères Chapelier” di rue Gambetta iniziava a parlarmi in inglese in risposta al mio francese confuso, ma ostinato. Oppure dell’innata predisposizione che si scopre quando si è in un Paese straniero per la socializzazione con altri italiani, una sorta di richiamo che non è chiusura ma come una boa a cui tornare per prendere fiato. Ancora, potrei dirvi di quando mi sono imbattuta per strada nello stereotipo italiano, ovvero quando sono inciampata in conversazioni con dei monsieurs che, non appena si sono accorti della mia provenienza, hanno iniziato a dire cose come “il sole, la mare e l’amore”, nonché a parlarmi delle loro vacanze sull’isola di Stromboli. Ho pensato che, tutto sommato, a stereotipi poteva andarmi molto peggio.
Potrei condividere con voi anche un piccolo affresco della vita universitaria e delle persone che la abitavano. Tolosa è una delle maggiori città studentesche della Francia: fra i suoi vari atenei si contano più di 100.000 fra studenti e studentesse, di cui circa 30.000 frequentano il campus Le Mirail, dove ha sede l’Université de Toulouse Jean Jaurès e dove, (quasi) ogni mattina, andavo anche io per seguire le lezioni. Fra aule e corridoi, mense e cortili, c’era il mondo. Non solo nel senso che c’era un sacco di gente, ma letteralmente: ogni anno, sono più di 4600 gli studenti non francesi che scelgono di intraprendere lì il proprio percorso di studi, a cui si aggiungono diverse altre centinaia che, come nel caso di un programma di scambio come quello Erasmus, restano nell’ateneo solo per un periodo limitato di tempo. Tanti di loro vengono da Paesi africani francofoni, e il francese nelle loro bocche è una lingua al contempo uguale e lontanissima da quella parlata dagli altri compagni, da quella che si aspettano i professori. L’università è lo specchio un po’ sbiadito di un contesto che, come accade in ogni città francese, porta con sé la presenza di studenti di prime, seconde, terze generazioni. Storie di famiglie per cui, a volte, la Francia non è stato il primo Paese di approdo. E così nel corso di “Cultures et arts italiens” incontro due ragazze che portano l’hijab e che quando dico di essere italiana mi rispondono con un “ma dai, davvero?”, e mi raccontano che fino a cinque anni fa vivevano a Reggio Emilia, e il loro accento in effetti non lascia dubbi.
Potrei infine raccontarvi della sera di gennaio in cui, mentre ero a cena con un gruppo di volontari di un’associazione studentesca, è arrivata la notizia dell’approvazione in Parlamento della riforma sull’immigrazione, che prevedeva l’introduzione di numerose misure restrittive in vari ambiti, come quello dell’accesso alla sanità, dei ricongiungimenti familiari e del diritto allo studio. Ricordo lo sguardo affranto di chi era intorno a me, quasi nessuno di loro francese per nascita, ma che in quella città, Tolosa, aveva trovato un luogo dove scegliere di stare. L’incredulità nel solo sentir parlare di una legge che pretendeva di istituire l’obbligatorietà di una “cauzione” che tutti gli studenti stranieri avrebbero dovuto versare e che sarebbe poi stata trattenuta nel caso di loro rifiuto di rientrare in patria a studi conclusi. Fortunatamente, articoli restrittivi e repressivi come questo sono stati poi bloccati dal Consiglio costituzionale e, per ora, sono lontani dal diventare realtà.
Ad essere realtà è un mondo che nella chiusura può trovare solo la paralisi, il cui futuro sta nel riconoscere l’abissale ingiustizia per cui mettere la propria vita in una valigia e attraversare la frontiera con la sola paura di aver sforato i chili del bagaglio è il privilegio di pochi: fra questi, ci sono anche io.