QUANDO L'ALTRO FA PAURA
Mille mondi a scuolaMitu Riva
20 marzo 2023
QUANDO L'ALTRO FA PAURA
Di / Mitu Riva
A seguito di un’iniziativa ONU che ha stabilito il 20 marzo come giornata internazionale contro la discriminazione razziale in ricordo della triste vicenda successa in Sudafrica, gli organizzatori della settimana tematica di Fileo dal 20 marzo al 25 hanno deciso di intitolarla :“Quando l’altro fa paura, pregiudizi stereotipi, discriminazioni”. Mitu ha fatto da reporter degli interventi che si sono susseguiti in occasione dell’inaugurazione presso l’Abbazia di San Paolo D’argon. I diversi approcci al tema ci offrono spunti critici, per non smettere di interrogarci su come il razzismo agisca, anche inconsapevolmente, nelle vite di tutti.
Don Sergio Gamberoni, direttore dell’Ufficio pastorale migranti
Che spazio è quello dell’abbazia? Una dimensione di narrazione, attraverso iniziative e attività, pensata dalla diocesi di Bergamo come luogo di laboratorio, centro di studi di formazione sulla mobilità umana e l’intercultura.
La pluralità linguistica, culturale, religiosa è qualcosa che ci stimola e ci impegna a lavorare sulla capacità di mettere in gioco un dialogo che affronta anche le fatiche. Questa settimana si concentra proprio sulle fatiche. Tutti noi abbiamo pregiudizi, stereotipi che non necessariamente sono negativi e sono parte del nostro essere persone, ma possono diventare problematici quando si declinano in atteggiamenti discriminatori.
Padre Aldo Skoda, direttore di SIMI (SCALABRINI INTERNATIONAL MIGRATION INSTITUTE)
La conoscenza dell’altro ci avvicina. Di fatto ci invita a effettuare una conversione: dall’ideologia alla persona, dalla paura alla fraternità a un modo diverso di approcciarsi all’altro. In un tempo in cui le discriminazioni sono all’ordine del giorno, bisogna a scoprire le persone per come sono, andare oltre e scovare la loro immagine personalizzata.
Papa Francesco nella “Fratelli Tutti” ci invita a scoprire la nostra comune umanità e origine. È come se ci fosse in corso una pandemia di discriminazioni, dalle scuole alle istituzioni, persino negli ambienti della parrocchia, ma questo non deve scoraggiarci.
Guia Gilardoni, coordinatrice di progetto per la Fondazione ISMU (Iniziative e Studi sulla Multietnicità) e autrice del libro “Razzismo Situato”
Il libro mostra la continuità del razzismo nel corso del tempo e la sua logica sottesa, quella di classificare, separare e sfruttare/sterminare il ‘diverso’. È difficile, insomma, non essere razzisti, il razzismo fa parte della nostra cultura. C’è sempre stata la paura dell’altro, la disuguaglianza, ma il concetto di razza nasce con l’illuminismo, proprio in concomitanza con l’affermazione dell’importanza dei diritti dell’uomo: andava tracciato un confine tra chi fosse o meno “uomo”. Gli schiavi esistevano già nella Grecia antica, ma in quell’epoca non c’era stata la necessità di introdurre il concetto di razza, perché, al pari delle donne, erano visti come animali e, quindi, non c’era bisogno di rimarcare il rapporto di inferiorizzazione di chi già per sua natura era ritenuto inferiore.
La razza è stata sconfessata a livello scientifico e biologico, ma la razza come costrutto sociale, come categoria che agisce nelle dinamiche di potere nella nostra società è assolutamente viva e vegeta. È come se il razzismo svolgesse una serie di funzioni - di tipo economico, sociale e psicologico, dalle macrostrutture fino alla nostra personalità - talmente efficaci, che risulta difficile disfarsene. Il razzismo è la condizione necessaria per il mantenimento della disuguaglianza profonda del nostro sistema; consente di tracciare linea dell’umano, la linea abissale, dove ci sono i privilegiati sopra e sotto c’è lo spazio del non essere, dove vivono la maggior parte delle persone che non hanno garantiti i propri diritti, dove non c’è possibilità di sviluppare la propria cultura e dove i conflitti si risolvono con la violenza, dove la vita non ha valore. Sperimentiamo questa linea dell’umano vicino a noi con le migrazioni: all’interno dello spazio del non essere troviamo morti in mare, favelas, etc… Il razzismo di fatto mantiene il nostro privilegio: di cultura, di diritti, di salute, di cibo, di acqua. Il razzismo alimenta il mito dell’uomo bianco, costruito su secoli di storia sanguinaria grazie all’oppressione, allo sterminio. Risulta quindi evidente come non essere razzisti significhi essere disposti a rinunciare a parte del nostro privilegio.
Studenti della 4^F del liceo linguistico “Giovanni Falcone”
Autori della mostra “Carattere invisibile” creata a seguito del percorso di PCTO che hanno svolto a Sarajevo, capitale della Bosnia Erzegovina. Il loro professore racconta che l’esperienza per gli studenti è stata in parte un servizio e in parte un’occasione di conoscenza. Hanno sperimentato come alcune terre, anche in Europa, hanno sofferto e stanno soffrendo per colpa dell’umano, per via della famosa linea abissale di cui si parlava. Per i ragazzi è stata una scoperta e hanno potuto conoscere i testimoni di guerra, incontrarli e dialogarci. Durante il percorso sono, inoltre, riusciti a conoscere una realtà sociale che tratta di persone con disabilità; un’ulteriore occasione per riscoprire l’altro e cambiare il proprio sguardo. La mostra include fotografie, storie, immagini, oggetti, per rappresentare al meglio ciò che hanno visto, dalle differenze culturali alle difficoltà sociali, e coinvolgere nel loro sguardo quello del visitatore.
Se prima di partire i ragazzi erano timorosi per via della linea che separa il “noi” e il “loro” in realtà si sono resi conto che la conoscenza approfondita di queste realtà ha permesso loro di varcarla naturalmente.
Elisabetta Ruffini, curatrice della mostra ISREC “1938-Razzisti per Legge”
La storia ha la capacità di riempire il nostro immaginario e di permetterci di superare le paure; più ricchi di storie siamo, più le nostre paure diventano piccole.
La mostra ci aiuta a capire come nella storia del nostro Paese siamo stati razzisti per legge e se ora per fortuna possiamo dire che non lo siamo più è solo perché delle persone hanno rischiato, mettendo il proprio corpo dentro la storia e hanno rinunciato alla propria vita in virtù dei propri valori e principi. Come già anticipato, il razzismo nasce paradossalmente in corrispondenza della proclamazione dei diritti universali; l’Italia divenne razzista ancor prima del ’38, nel ’37 già il razzismo vede applicazioni nefaste in Africa orientale, nelle colonie. Conoscere le storie e il loro intreccio è il primo passo per contrastare il razzismo per non ripetere ciò che è stato.
Conclude l’incontro, Giancarlo Domenghini di Fileo menzionando un’ultima mostra intitolata “i pregiudizi che siamo” che include un glossario: termini che ci abitano e con i quali dobbiamo fare i conti. Questa mostra rende visibili un “kit di stereotipi e pregiudizi”, con lo scopo di mettere in discussione le illusioni discriminatorie di cui rischiamo di diventare vittime.
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