
Intervista “Mani Amiche”
Speciali & extra
Redazione Babel
27 marzo 2025
/ di Locatelli Leonardo, Scandelli Ettore e Trinca Daniele
Abbiamo incontrato Il Professor Califano e la Professoressa Forgione nello studio di “Mani Amiche Onlus” a Stezzano, dove ci hanno raccontato del servizio di insegnamento che offrono e dei loro obiettivi.
Attivata nel 2006, la scuola di italiano per adulti stranieri opera grazie a un gruppo di insegnanti volontari. Le finalità che si propone la scuola sono di offrire alle persone immigrate residenti nel comune di Stezzano o nei comuni limitrofi un servizio didattico volto all’apprendimento, alla conoscenza e all’approfondimento della lingua e della cultura italiana come mezzo atto a favorire la crescita e l’integrazione della persona.
Che cosa fa l’associazione Mani Amiche Onlus e quale è la vostra missione principale?
Prof. Califano: L'associazione nasce inizialmente con una missione dedicata all'Africa, in particolare alle popolazioni del Centroafrica. Dopo, ha ampliato il proprio impegno anche a livello nazionale, con la nascita di una scuola di italiano per migranti, perché la conoscenza della lingua è la base per l’integrazione.
Quest'anno, per la prima volta, si è realizzato un intervento anche in Italia. Se fino ad ora il nostro impegno si era concentrato in Africa, questa volta abbiamo ristrutturato un'abitazione in Calabria per accogliere i migranti. Sei volontari sono partiti da Bergamo per contribuire ai lavori, nel tentativo di offrire un aiuto concreto a queste persone. Attualmente ospitiamo sei migranti, ma lo stabile ristrutturato dispone di 4-5 appartamenti e accoglierà fino a 20-30 persone. Ma il problema è enorme: altre 400-500 persone vivono in condizioni disumane, senza servizi igienici, elettricità, abbandonate a loro stesse. E tutto questo qui, in Italia.
Dopo questi lavori, il responsabile del progetto ha proposto di collaborare con la cooperativa agricola locale, che già distribuisce agrumi in tutta Italia, per inviare i prodotti anche a Bergamo e Stezzano, con l’idea di aggiungere un piccolo sovrapprezzo per finanziare l'iniziativa. Abbiamo iniziato a distribuire arance, clementine, mandarini e olio. Siamo già alla seconda consegna, grazie al supporto dei Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) di Monterosso, Zanica e Stezzano, che promuovono l'acquisto di prodotti biologici ed equosolidali.
Quali sono i principali servizi che offrite ai cittadini stranieri?
Prof. Califano: Noi ci occupiamo solo dell’istruzione e del percorso educativo, fornendo anche indicazioni sui servizi comunali disponibili. Li indirizziamo verso i vari uffici del territorio, come l’Assessorato alla Cultura, l’Assessorato ai Servizi Sociali, lo Sportello Lavoro e il Centro di Ascolto. Se hanno bisogno di informazioni chiedono a noi e li orientiamo o gli accompagniamo.
Prof.ssa Forgione: Li abbiamo accompagnati anche in biblioteca, per esempio, perché non conoscevano questo servizio. Avendo figli, era importante aiutarli a integrarsi anche attraverso la lettura di libri in italiano.
Abbiamo anche organizzato visite alle ville del territorio per far conoscere meglio il luogo in cui vivono. Senza queste iniziative, rischiano di restare isolati, e incontrarsi solo tra di loro al parco o nelle case private. Invece stando a scuola si conoscono, nascono amicizie che poi proseguono anche fuori, nei bar o in altri luoghi di aggregazione, permettendo di integrarsi meglio.
Come funziona la scuola di italiano per stranieri?
Prof. Califano: In totale nella scuola offriamo cinque livelli di insegnamento: da quello base fino al più avanzato, il B1. In totale abbiamo 60 alunni con livello medio di istruzione pari alla scuola secondaria di primo grado. Quattro di loro, provenienti dall’America Latina, sono laureati in ingegneria, mentre i casi con il livello di istruzione più basso riguardano principalmente persone provenienti dall’Estremo Oriente.
Due terzi del totale degli studenti sono donne e si collocano ai livelli più alti di istruzione.
Prof.ssa Forgione: Rispetto a dieci anni fa, la maggior parte dei migranti che arrivano oggi ha un livello di istruzione più alto. Tra i nostri studenti abbiamo avuto ingegneri, economisti, informatici e architetti, ma senza la conoscenza della lingua italiana faticano comunque a trovare lavoro. L’età media dei nostri studenti è di 30 anni, ma accogliamo chiunque abbia più di 14 anni. Abbiamo anche persone di 50 o 60 anni che vogliono imparare l’italiano per riuscire a comunicare nella vita di tutti i giorni. Oltre a formare giovani qualificati in cerca di occupazione, aiutiamo anche chi, pur non avendo necessità lavorative, desidera integrarsi meglio nella società.
Prof. Califano: Diciamo che la media è comunque sui 30 anni.
Da quali paesi provengono principalmente gli studenti della scuola di Italiano?
Prof. Califano: La provenienza degli studenti è fortemente influenzata dalle dinamiche internazionali. Ad esempio, al momento dell'attacco in Ucraina le persone provenivano per la maggior parte da paesi come appunto l'Ucraina, la Bielorussia e la Moldavia. Negli ultimi due anni c'è stato un importante flusso dal Sud America, come dal Perù. Ci sono anche studenti provenienti dal Maghreb, quindi Egitto, Marocco e Tunisia. Sono poi molto presenti studenti provenienti dal sud-est asiatico, come Pakistan e India, ma anche Sri Lanka. Ci sono infine persone provenienti dalla Russia, che l'hanno lasciata anche dopo le vicende belliche. I livelli di istruzione superiore provengono dal sud America, seguiti dall'Africa e infine il Sud-Est asiatico.
Quali sono le principali difficoltà che gli studenti incontrano nell'apprendere la lingua?
Professore Califano: Le difficoltà variano da gruppo a gruppo, per esempio il gruppo arabo ha difficoltà nelle vocali, confonde la e con la i; un’’altro problema è rappresentato dalla struttura del periodo quando si passa dalla grammatica alla sintassi.
Per le persone provenienti dalle nazioni neolatine, il problema è di tipo lessicale, quindi puntiamo ad allargare lessico e il vocabolario. I problemi più grossi li hanno i paesi come India e Pakistan.
Prof.ssa Forgione: Oltre alla lezione hanno anche dei compiti a casa per imparare e allenarsi meglio a parlare. Ma per quanto riguarda l'accettazione della scuola, il rispetto delle regole, non ci è quasi mai capitato alcun caso di rifiuto. In dieci anni è capitato che quanlcuno non volesse seguire le regole, non volesse fare i compiti a casa, fosse un po' meno disposto al sacrificio di lavorare fuori dalla scuola. Anche perché in classe parliamo italiano, ma poi il programma si ferma lì, perché a casa parlano la loro lingua. E quindi il compito assegnato fa riflettere su quello che abbiamo fatto insieme la mattina. Può essere un tema o delle frasi da scrivere.
Vi è mai capitato di imparare qualcosa della cultura di un vostro studente, o di partecipare a manifestazioni o eventi tipici di quella cultura?
Prof. Califano: Noi abbiamo spesso questo scambio culturale e perciò anche a noi capita di imparare nuove cose e concetti da dei nostri studenti.
In genere gli unici che sono organizzati sono i peruviani. I peruviani in occasione del carnevale hanno i loro gruppi in costume che sfilano durante il corteo del carnevale. Però altri tipi di scambi strutturati non ci sono mai stati. Lo scambio è reciproco nel dialogo giornaliero, quando capita di parlare di cibi, di abitudini, che possono essere familiari, matrimoniali o di altri tipi.
Ho fatto anche un lavoro sulle costituzioni due anni fa, che consisteva nel prendere il primo articolo della nostra costituzione, e ho chiesto a loro di scegliere l’articolo della loro costituzione più vicino a questo articolo, e questo ha permesso loro di imparare questo nostro articolo, e soprattutto a noi di imparare i loro.
Ci sono stati altri progetti particolarmente significativi o che vi hanno reso orgogliosi?
Prof. Califano: Il lavoro che ci ha resi particolarmente orgogliosi è quello effettuato in Calabria, dove è stata fatta una proposta a un proprietario di uno stabile di affittarlo a dei migranti, garantendo l’affitto per un anno per le persone che erano lì. Ci sono stati anche piccoli lavori di sistemazione e manutenzione, e a novembre, qualche mese dopo, sono entrati a vivere sei migranti che lavorano nella raccolta degli agrumi.
È stato fatto questo lavoro nella speranza che fosse un esempio per qualcun altro. A Stezzano, per esempio, ad oggi ci sono 200 case sfitte, ma c’è diffidenza, anche se noi di “Mani Amiche” garantiamo l’affitto, nessuno vuole affittare.
Il presidente per aiutare i migranti sta cercando di coinvolgere le altre associazioni sul territorio per convincere qualcuno a offrire uno stabile da affittare, e si sta valutando anche di comprarne uno. Però per far questo è necessario l’appoggio anche di altre associazioni.
Cosa vi ha spinto a entrare a far parte di questa associazione?
Prof.ssa Forgione: Io ho sempre insegnato e dopo essere andata in pensione la preside della scuola dove lavoravo mi ha proposto di andare a fare volontariato a Bergamo alla RUAH, presso il centro di raccolta di tutti gli stranieri. Prima le scuole erano lì, noi siamo andati lì per diversi anni. Al patronato San Vincenzo. Lì c'erano tutti gli stranieri. E quindi abbiamo cominciato a insegnare. Poi sono andata a Urgnano, poi da Urgnano sono andata a Bergamo alla RUAH, e ovviamente ho pensato che se dovevo andare a Bergamo tanto valeva che andassi a Stezzano. Quindi ho iniziato a fare volontariato dopo la pensione, proprio perché il nostro lavoro era insegnare, e facendo l’insegnante stavo così bene che ho deciso di fare almeno qualcosa, insegno qualcosa di utile agli altri. E quindi ho scelto poi di rimanere a Stezzano e di diventare responsabile di “Mani Amiche”.
Prof. Califano: Io posso dire intanto questo: l'attività del volontariato è molto rara nel Mezzogiorno d'Italia. Invece qui vedevo che era una cosa molto diffusa: gli Alpini, l'Avis, gli ospedali. Allora a me sembrava uno spreco di energie e di risorse stare senza far nulla tutto il giorno. E ho pensato: “è impossibile che io non possa utilizzare le mie capacità, la mia esperienza in qualche settore”, allora spinto da questa cosa, da questa molla, da questa impotenza dir non far nulla, ho detto: “Facciamo qualcosa per gli altri.” E l'unica cosa in cui potevamo lavorare era la scuola. E lì piano piano abbiamo trovato questo spazio. Prima del Covid noi ci siamo trovati senza un responsabile in questa associazione, perciò io ho proposto agli altri miei colleghi bergamaschi del posto di prendere l’incarico, in quanto noi non conoscevamo Stezzano perché abbiamo sempre insegnato a Bergamo. Nessuno però ha accettato e perciò ci siamo trovati noi a dirigere questa associazione.
In che modo coinvolgete la comunità locale nelle vostre attività di volontariato?
Prof. Califano: Questa è una bella domanda, e qui è il punctum dolens. Noi stiamo battagliando da anni per avere un contatto con la scuola media di Stezzano, alla quale abbiamo proposto un incontro con le mamme immigrate. Abbiamo detto: “Guardate che noi abbiamo la scuola di Italiano, se noi riusciamo a coinvolgere le mamme, i papà, i genitori migranti a farli venire alla scuola di italiano, è un bene anche per la scuola, perché così anche i genitori sanno cosa dire, sanno come parlare e comunicare nella nostra lingua”. Purtroppo sono anni che non riusciamo a sfondare questo muro, ci dicono sempre: “sì, sì”, e poi niente, si ritorna al punto di partenza.
Prof.ssa Prof.ssa Forgione: Io sono andata di persona, è andato anche il nostro presidente a parlare con la preside, e le abbiamo proposto di fare un'illustrazione ai genitori migranti con i professori della scuola di italiano.
Prof. Califano: Questa è la realtà, il territorio non risponde, se avessimo la collaborazione della scuola e anche un po’ più del comune ad assumere in proprio questo problema, i successi sarebbero molti di più, perché per adesso è un gruppo di sei persone che lavora in oratorio da soli. Ma se noi avessimo la collaborazione di istituzioni forti come la scuola media o la scuola elementare, allora sarebbe ben diverso. Invece così è un lavoro isolato di sei persone che se un domani si stufano, la scuola chiude. È come se il nostro aiuto venisse rifiutato, anche se capirsi a vicenda dovrebbe essere nell’interesse di tutti.
Come si può diventare volontario della vostra associazione?
È semplice: basta chiedere di diventare volontario. Noi cerchiamo volontari soprattutto giovani ma anche di un'età più elevata. Le persone che dirigono l'associazione sono persone vicino a 70 e più anni quindi da una parte si cerca di individuare persone mature, adulte, che stanno per andare in pensione, oppure persone che lavorano ma che hanno una sensibilità verso la tematica dell’immigrazione, e non è facile. Però appunto cerchiamo anche giovani, che magari piano piano si interessano a questa associazione e perciò che possano prendere il nostro posto di responsabili.
“Giovani, avvicinatevi al volontariato. Il volontariato non è uno spreco di tempo, ma qualcosa di utile per le altre persone, soprattutto le più bisognose. Il volontariato è crescita personale, perché ogni giorno è sicuro che imparerete qualcosa di nuovo”.